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Garanzie negli appalti e confronto preventivi
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Articolo per Il Sole 24 ore
Appalti edili
Risparmiare significa anche non pagare in più e soprattutto sapere bene quali sono i propri diritti, facendoli valere nei tempi e nei metodi giusti. In caso di opere edili, non si risparmia solo, quindi, quando si è scelto il preventivo giusto, preciso e dettagliato, ma anche quando si controlla che i lavori siano eseguiti a puntino e non si è costretti a incaricare a proprie spese altri a riparare guasti o a completare quanto non è stato fatto. Quali garanzie ha, insomma, il cittadino contro la cattiva esecuzione di un lavoro da parte di una ditta edile o di un artigiano?
Esistono due occasioni in cui è possibile un controllo dei lavori: mentre vengono svolti e al loro termine.
Verifiche in corso lavori. Chi paga l’opera può sempre pretendere di fare un’ispezione al cantiere, purché a proprie spese e purché non metta i bastoni tra le ruote a chi lavora. Motivando le ragioni di scontento, si può chiedere all’impresa di correggere i propri errori in un periodo di tempo ragionevole. Se tale termine scade, il committente ha il diritto di risolvere il contratto per grave inadempimento e chiedere il pagamento dei danni.
Controlli dopo l’esecuzione.
Finita l’opera, il committente può controllare come è stata eseguita. Se non dice nulla e paga le , fatture, senza sollevare obiezioni, è come se l’avesse accettata. Se l’opera e accettata, ma ha dei difetti o non segue il progetto e il capitolato, i casi sono due. Il primo è che tali “vizi”(così li chiama la legge) siano evidenti o riconoscibili. Allora, non c’è più nulla da fare. Il secondo è che, invece, i vizi siano “occulti”, cioè sia difficile accorgersene. Se così accade, scattano le garanzie di legge.
Vizi evidenti e nascosti. Infissi sconnessi, rubinetti mal funzionanti, porte installate dove non devono essere, sono alcuni esempi di vizi palesi. Viceversa, un tetto riparato durante l’estate può perdere acqua al momento delle piogge autunnali, scarichi fognari mal saldati possono produrre infiltrazioni, fondamenta possono cedere. anche dopo qualche anno. Tutti questi sono, perciò, vizi occulti. Sono stimati come “occulti” anche i vizi taciuti in mala fede, a patto che si possa provare.
L’impresa è costretta dal codice civile a offrire due diverse garanzie contro questi vizi. La prima vale per due anni e copre le opere di minor durata. La seconda è decennale, ed è prevista dal codice per gli edifici o comunque per “le altre cose immobili destinate per loro natura a lunga durata”.
Garanzia biennale.
Dura due anni dalla consegna delle opere. Il committente deve presentare denuncia entro 60 giorni dalla scoperta del vizio. Tale termine non coincide però con quello in cui il committente si accorge che esiste qualcosa che non va. Parte anzi dal momento in cui si ha una qualche certezza che la colpa e dell’appaltatore , magari dopo una perizia eseguita da un tecnico. Se poi l’appaltatore ha agito per nascondere il vizio, o lo ha ammesso (anche affermando di non essere lui il responsabile), non si ha più bisogno di denunciarlo entro due mesi.
Garanzia decennale.
Funziona quando l’opera “per vizio del suolo o per difetto della costruzione rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti” (art. 1669 del codice civile). Per i giudici, vanno compresi nel concetto di "gravi difetti" anche quelli che, pur non compromettendo la statica del fabbricato, limitano in modo grave la funzione cui esso è destinato. Per esempio, le infiltrazioni d’acqua causate da insufficiente impermeabilizzazione.
Oltre alla garanzia, portata da due a dieci anni, viene prorogato anche, da due mesi a un anno il termine per la denuncia (da presentare, sempre, solo dopo che si ha la sicurezza delle responsabilità dell’impresa).
Dopo la denuncia si ha un anno di tempo per intraprendere un’azione legale. Entro i 12 mesi, se si invia un’ulteriore raccomandata, si avrà un ulteriore periodo, di pari durata.
Rimedi e risarcimenti.
Il cliente dell’impresa ha due possibilità. La prima è pretendere l'eliminazione del vizio, oltre ai danni. La seconda è chiedere la riduzione del prezzo da pagare o pagato e il risarcimento degli eventuali danni. La scelta se preferire l’uno o l’altro rimedio va in genere fatta una volta per tutte. Si può pretendere che sia la stessa impresa a riparare al mal fatto. Più spesso si cercherà di ottenere un’autorizzazione dal Giudice per fare eseguire i lavori ad altri, naturalmente a spese dell’impresa che ha sbagliato.
Una possibilità estrema è quella della risoluzione del contratto, con la restituzione di quanto si è pagato. E’ una scelta imboccabile solo in casi particolarissimi: quando, cioè, , siano stati eseguiti lavori del tutto inutili e non previsti, che rendano l'opera vizi così gravi da renderla inadatta al suo scopo.
Secondo la Cassazione (sentenza n. 9239/2000) la domanda di risoluzione del contratto può essere presentata in unico giudizio con in subordine la domanda per riduzione del prezzo oppure quella per l’eliminazione dei vizi. In tal caso, infatti, non è necessario scegliere sin da subito quale sia il rimedio richiesto.
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