Separazione, divorzio e assegnazione della casa coniugale


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Articolo per Il Sole 24 ore


Diritto di famiglia
Diritto di famiglia
Il matrimonio è una specie di contratto e prevede perciò degli obblighi: tra di essi, quello della fedeltà, dell’assistenza morale, di quella materiale (fornire i mezzi ai propri familiari per vivere), del mantenimento, istruzione ed educazione dei figli, tenendo conto delle loro capacità, delle loro inclinazioni naturali e delle loro aspirazioni (art. 147 del codice civile.). I genitori devono provvedere ai figli in proporzione delle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo (art. 148 c.c.).

Tra gli obblighi vi è anche quello della convivenza: tant’è vero che se uno dei coniugi, pur volendo restare tale, sia costretto a vivere separato dall’altro, magari perché per motivi di lavoro deve risiedere in un’altra città, dovrebbe in teoria essere autorizzato dal giudice.

Fine della convivenza. Di norma però la coabitazione cessa con la separazione legale La conseguenza è che almeno uno dei coniugi deve andarsene dalla casa comune. Almeno uno, perché niente vieta che entrambi si mettano d’accordo nel vendere la casa, spartendosi il denaro ricavato.

Essere separati di fatto oppure divorziati, per convinzione comune, è praticamente la stessa cosa. Vi sono infatti coniugi separati da decenni che, non volendo risposarsi e non intendendo affrontare nuove spese burocratiche, lasciano le cose così come sono. Hanno spesso torto, perché, come vedremo, le conseguenze di separazione e divorzio possono essere molto differenti.

Separazione e casa coniugale. A chi vanno gli immobili comuni, in caso di separazione? Conta o non conta a chi sono intestati, o comunque chi ha speso denaro per acquistarli e ristrutturarli? Per rispondere occorre tracciare due distinzioni.

La prima è tra la casa dove la famiglia abitava normalmente, cioè quella coniugale, e gli altri immobili (per esempio, uno studio professionale, un’abitazione locata ad altri, una casa di villeggiatura). Solo la casa di famiglia può essere assegnata a uno di coniugi, per accordo comune o per decisione del giudice. Gli altri immobili si spartiscono, o si continuano a tenere in proprietà comune, secondo logiche diverse (ne parleremo più avanti).

La seconda distinzione è tra le famiglie che hanno, o non hanno figli.

Quando ci sono figli. La legge stabilisce che la casa familiare spetta "di preferenza" e "ove sia possibile" al coniuge cui sono affidati i figli minori che continuano a coabitare. Questo perché essi, che hanno subito il trauma di una vita familiare spezzata, hanno perlomeno il diritto di conservare l’ambiente che li circonda, inteso come il centro degli affetti e delle loro abitudini. Tutto ciò prescinde dal fatto di chi sia l’abitazione: può appartenere, per intero, anche al coniuge non affidatario oppure essere in comunione dei beni.

Figli maggiorenni e famiglie di fatto. La legge ha equiparato ai figli minori anche quelli maggiorenni che continuino a convivere con uno dei genitori e non siano economicamente indipendenti. La Corte Costituzionale ha esteso anche alle famiglie di fatto l'assegnazione al genitore affidatario. Un diritto che deriva direttamente dall'articolo 30 della Costituzione e dagli articoli 147 e 148 del Codice civile, che impongono il mantenimento e l'assistenza anche alla prole naturale.

Contenuto del diritto. L’assegnazione non riguarda di regola soli i muri della casa, ma anche tutti gli arredi necessari (mobili, elettrodomestici, lampadari e così via), a chiunque appartengano tra i coniugi. Sono esclusi solo gli arredi strettamente personali del coniuge che se ne va (abiti, libri, gioielli eccetera).

L’assegnazione vale anche se l’appartamento è in locazione, anche se ad essere intestatario è il coniuge costretto ad andarsene, che magari era scapolo o nubile alla firma del contratto: il proprietario dell’appartamento non potrà opporsi al cambio d’inquilino. Il principio vale sia per le locazioni private che per l’assegnazione di case popolari.

Viceversa se la casa è abitata dalla famiglia a titolo gratuito ma appartiene ad altri, (per esempio al genitore di uno dei due sposi), questi possono opporsi all’assegnazione

Affidamento separato. Capita però che un figlio venga affidato al marito e un altro alla moglie. Che ne è, allora, dell’assegnazione della casa di famiglia a uno solo dei due? Può esserci comunque, come ha chiarito la Cassazione. In questo caso, però, il giudice dovrà porre particolare attenzione nel motivare il perché della scelta.

Condizioni. L’abitazione assegnata deve essere effettivamente abitata dal coniuge, altrimenti tutto perde senso. Quindi è escluso non solo il fatto di locarla o darla in comodato ad altri, ma anche il fatto di utilizzarla saltuariamente, per esempio solo i sabati e le domeniche.

I figli devono essere realmente conviventi. La Cassazione ha escluso, per esempio, il diritto di assegnazione in un caso in cui il coniuge separato vi risiedeva, ma i due figli, pur vivendoci il fine settimana, nel corso degli altri giorni lavoravano in una città vicina (anche se non guadagnavano in misura sufficiente a mantenersi e abitavano precariamente in un piccolo monolocale,).

Eccezioni. Possono esistere eccezioni (rare) alla regola della casa a chi tiene i figli. Per esempio la Cassazione ha stabilito che una moglie separata a cui era stati dati i figli non avesse diritto alla casa, ma solo a una somma mensile pari a un canone medio di locazione: il marito era infatti un handicappato e viveva in locali già attrezzati e idonei per le sue necessità.

Cosa dice la legge e cosa dicono i giudici

Principio affermato: La casa familiare spetta di preferenza al genitore cui vengono affidati i figli o con il quale i figli convivono oltre la maggiore età.
Legge 1 dicembre 1970, n. 898, art.. 6.
Principio affermato: Anche in caso di coppie di fatto, vale lo stesso principio
Ccost., n. 166/1998 , n. 125/1999
Principio affermato: La casa coniugale assegnabile deve essere tale al momento delle separazione, non prima
Cass. n. 13736/2003, n. 13747/2003, 13664/2003, n. 13065/2002
Principio affermato: Sono escluse le seconde case
Cass., n. 8667/92
Principio affermato: La casa di famiglia può essere assegnata al coniuge economicamente più debole anche se non ci sono figli (vecchio indirizzo)
Cass. n. 8699/1990, n. 2411/1991, Tribunale di Milano 25/3/1993
Principio affermato: No, se non ci sono figli non può essere mai assegnata (nuovo indirizzo)
Cass. n. 13747/2003, S.U. n. 11096/2002, 11696/2001, S.U. n. 11297/1995
Principio affermato: Se un coniuge è handicappato, si può far eccezione al principio della casa a chi tiene i figli
Cass., n. 8705/1990
Principio affermato: Se il figlio maggiorenne convivente è economicamente indipendente, la casa va restituita al legittimo proprietario
Cass., n. 6559/1997
Principio affermato: Se il figlio maggiorenne convivente non è economicamente indipendente, dopo un ragionevole periodo di tempo deve trovarsi un lavoro, oppure la casa va restituita al legittimo proprietario
Cass. n. 4765/2002, n. 8868/1998
Principio affermato: Se c’è affido separato ai genitori dei figli, è il giudice a decidere a chi va la casa coniugale
Cass. 13428/2002
Principio affermato: La casa affidata deve essere effettivamente abitata, sia dal coniuge che dai figli
Cass., n. 5857/2002, n. 13428/2002, n. 9073/2000
Principio affermato: Se si assegna la casa, bisogna ridurre in proporzione l’assegno dimantenimento
Cass., 13736/2003
Principio affermato: Il diritto all’assegnazione non deve essere trascritto, se dura meno di nove anni
Cass. S.U. n. 11096/2002, n. 12705/2003, Ccost. n.57/2002
Principio affermato: Il coniuge assegnatario non deve pagare né canoni ne indennità al nuovo acquirente dell’immobile
Cass. n. 5455/2003

Legenda Cass:= Cassazione; Ccost= Corte Costituzionale; S.U.= Sezioni Unite.
Fonte: Ufficio Studi Confappi-Federamministratori